Parliamo di cosa significa davvero vivere una vita ispirata dallo yoga, e no, non parliamo di fare posizioni perfette su un tappetino.
Sto parlando di uno stile di vita. Di vivere con intenzione, presenza, gentilezza. Di come scegli di rispondere alla vita, di come ti tratti, di come tratti gli altri. Di come restare radicata, aperta, morbida… anche quando la vita fa male.
E forse, per capire da dove nasce tutto questo, ti racconto un pezzetto di me.
Io ho iniziato ad avvicinarmi allo yoga 15 anni fa, dopo che mi è stata diagnosticata la vulvodinia, una patologia pelvica cronica che mi ha fatto sentire spesso bloccata nel mio corpo, come se fosse mio nemico. Fu proprio il mio neurologo a prescrivermi lo Hatha Yoga, come parte di un percorso di regolazione e rilassamento del sistema nervoso.
Lui mi disse: “Secondo me ti farà davvero bene.”
E io pensai: ok grazie, ma come diavolo dovrebbe aiutarmi lo yoga a sentirmi meno bloccata?
Ero confusa, totalmente. Dentro di me pensavo: ma davvero credi che fare stretching possa aiutarmi a gestire questo dolore, questo vuoto che sento?
Però stavo talmente male che ero disposta a provare qualsiasi cosa. Tipo, se qualcuno mi avesse detto “mangia un limone e mettiti in equilibrio sulla testa”, probabilmente l’avrei fatto.
Quindi… ci sono andata. Senza aspettative, un po’ spaesata. Ricordo che mi sentivo anche abbastanza sicura all’inizio, perché ho fatto danza per 13 anni. Quindi mi dicevo: “Ok, sarà facile. Il mio corpo è abituato a muoversi, so ascoltarlo… andrà bene.”
Così sono andata a lezione. E… non capivo niente. Non sapevo i nomi delle posizioni, la mia mente era ovunque, mi sentivo a disagio, agitata, nervosa. Avevo come la sensazione che la mia pelle prudesse, che volessi uscire dal corpo. Mi sembrava tutto lentissimo. Ero super impacciata, super autocritica. Guardavo le altre persone nella stanza, cercavo di imitare, di capire. E dentro pensavo solo: quando finisce tutto questo?
Poi… Arriva Shavasana. E lì succede qualcosa. Mi sdraio. Respiro. E sento una quiete che non provavo da… forse mai. Una sensazione di pace, di presenza. Come se per la prima volta fossi davvero dentro il mio corpo, non a combatterlo, non a fuggirlo.
Ricordo che mi scendevano delle lacrimi, pesanti, dai lati degli occhi. E dentro di me pensavo: ma cosa mi sta succedendo? Oggi so che quella sensazione era un ritorno a casa. Un tornare a me stessa, come non mi era mai successo prima.
È stato in quel momento che ho iniziato a capire, anche se non avevo ancora le parole per dirlo, che lo yoga non era solo movimento. Era memoria. Era ricordare chi ero, sotto tutto il dolore, sotto le abitudini, la mente caotica, il peso del corpo e della vita. Sotto tutte quelle cose che mi avevano definita… ma che in fondo non ero io.
Ecco cosa voglio dirti in questa newsletter. Un invito a tornare a te. A quella parte che magari hai dimenticato, ma che è sempre lì, sotto la superficie. Perché una delle convinzioni più comuni è che lo yoga sia solo un tipo di allenamento fisico. O peggio ancora, che non sia nemmeno un allenamento “vero”. C’è chi lo riduce a stretching, chi pensa serva solo per diventare più flessibili, per fare l’equilibrista in verticale, o per sfoggiare outfit carini nei centri yoga super stilosi. E per carità, anche tutto questo può essere bello, fa parte della pratica fisica. Ma lo yoga non si esaurisce sul tappetino. Anzi, a dirla tutta… yoga non è nemmeno solo “yoga”.
Lo yoga è un modo di vivere. È come respiri quando sei sopraffatta. È come rispondi al barista del caffè sotto casa. È cosa pensi di te stessa quando ti guardi allo specchio. È come ti parli nei giorni tristi, o stanca, o quando sei malata… ma anche quando sei felice o piena di energia. È come tratti il tuo corpo quando nessuno ti guarda. È la scelta di rispondere, invece di reagire. È presenza. Cura. Intenzione.
Lo yoga spesso non c’entra niente con le posizioni, ma con come scegli di vivere. Con come ti presenti alla vita. Con il modo in cui la senti, in cui ti lasci attraversare, in cui ti prendi cura di te mentre la vivi.
Secondo me è utile chiarire cos’è davvero lo yoga, al di là di quello che si vede su Instagram o in palestra. Lo yoga è una filosofia di vita vera e propria, con una struttura ben precisa. Al centro di tutto ci sono gli Otto Passi dello Yoga, conosciuti come gli Otto rami (o “limbs”) dello yoga. Derivano dagli Yoga Sutra di Patanjali, un testo antichissimo che è considerato la base dello yoga tradizionale.
Ora, magari stai pensando: “Di cosa stai parlando esattamente?” Se sei immersa da tempo nello yoga, probabilmente sai già di cosa si tratta. Ma se non li conosci, ti giuro che ti si apre un mondo. Perché questi otto rami sono una vera e propria mappa per vivere con consapevolezza. E sì, esiste un libro, Gli Yoga Sutra di Patanjali, che puoi leggere se vuoi approfondire. È tosto, non lo nego, ma se sei in un momento della tua vita in cui vuoi andare oltre la superficie… ti consiglio di dargli una possibilità.
E la parte pazzesca? Degli otto rami, solo uno riguarda le posizioni fisiche (quelle che facciamo sul tappetino). Quando l’ho scoperto, ci sono rimasta: per anni avevo pensato che yoga fosse solo cane a testa in giù, cobra, gatti e mucche. E invece no.
Immagina lo yoga come una torta divisa in otto fette: le asana (cioè le pose fisiche) sono solo una fetta su otto. Una parte piccolissima.
Te li riassumo velocemente, giusto per darti un’idea:
Yamas: come ti relazioni con il mondo esterno (non violenza, sincerità, rispetto, ecc.).
Niyamas: come ti relazioni con te stessa (disciplina, gratitudine, pulizia, fiducia, introspezione).
Asana: la pratica fisica, quella che si fa sul tappetino, quella che tutti conoscono come “yoga”.
Pranayama: il controllo del respiro, che in realtà è espansione dell’energia vitale.
Pratyahara: il ritiro dei sensi, ovvero imparare a rivolgersi verso l’interno.
Dharana (o Daharna, dipende dalla pronuncia): concentrazione, attenzione focalizzata.
Dhyana: meditazione, presenza, silenzio interiore.
Samadhi: unione, beatitudine, connessione con qualcosa di più grande, il Divino, o come preferisci chiamarlo.
Quindi quando diciamo: “Sto facendo yoga”, in realtà stiamo solo vivendo una piccolissima parte di questa visione. Vivere una vita ispirata dallo yoga significa integrare tutto questo, momento per momento, respiro dopo respiro.
E nella vita di tutti i giorni, come si traduce? Per me è tipo:
– Fare un respiro profondo invece di mandare un messaggio impulsivo quando sei arrabbiata.
– Aprire il diario invece di affondare nello scroll infinito di TikTok.
– Permetterti di piangere senza giudicarti, rimanendo con quello che provi.
– Mangiare con calma, senza correre subito alla cosa successiva da fare.
– Darti spazio per cambiare, crescere, evolvere… senza auto-critica.
– Perdonarti. Una, due, cento volte. Incontrarti lì dove sei.
– Dire no, anche quando un tempo avresti detto sì, solo per compiacere o evitare conflitti.
E questa è solo una piccola parte. Ci sono mille modi per portare lo yoga nella vita quotidiana, anche senza toccare il tappetino. Non serve vivere a Bali. Non serve andare a un ritiro silenzioso. Puoi vivere una vita ispirata dallo yoga anche nel tuo monolocale, con il tuo caffè del mattino, l’inbox piena e le mille cose da gestire ogni giorno. È uno stile di vita interiore, prima di tutto. È una scelta. Una presenza. Una pratica che ti accompagna, ovunque tu sia.
Non si tratta di fuggire dalla vita. Tutt’altro. Si tratta di ritornare a te stessa, anche in mezzo al caos, anche quando tutto attorno sembra fuori controllo. Tornarci con presenza, con dolcezza, con amore, con perdono e con comprensione.
Ci sono alcuni concetti della filosofia yogica a cui torno spesso. E oggi voglio condividerli con te, magari per ispirarti o semplicemente per piantare un piccolo seme dentro.
Il primo è Ahimsa. Ne parlo spesso, perché per me è un punto fermo. Ahimsa significa non violenza. E non parliamo solo del non fare male fisicamente agli altri (ovviamente anche quello), ma soprattutto… parliamo di violenza emotiva ed energetica.
I tuoi pensieri sono gentili o crudeli? Il modo in cui ti parli… è pieno di amore o di durezza? Ti giudichi? Ti critichi? Ti svaluti? E se provassi a incontrarti con tenerezza, compassione e presenza, proprio lì dove sei?
Un altro principio che per me è stato trasformativo è Santosha. Santosha significa appagamento, contentezza, la capacità di restare in questo momento e dire: “Va bene così.” Non devo sempre “sistemare qualcosa”. Non devo per forza migliorare, aggiustare, correre. Posso fidarmi del punto in cui sono. E non solo: posso anche godermelo.
E poi c’è Ishvara Pranidhana, ovvero la resa, l’affidarsi. Questa… è dura, lo ammetto. Ma è anche potentissima. È il promemoria che non sono io a controllare tutto. E che va bene così. Anche solo a dirlo… mi si contrae qualcosa dentro. Perché per me lasciare andare il controllo è una sfida enorme. Ma non viene da un brutto posto, sai? Viene da una parte di me che ha vissuto tante perdite, tanto dolore. Che ha imparato presto a cavarsela da sola, a non potersi fidare, a non sentirsi al sicuro, a sentire di doversi proteggere da tutto e da tutti. E così, piano piano, mi sono costruita l’idea che controllando tutto… mi sarei salvata. Che solo così potevo sentirmi protetta.
E in teoria sembra funzionare. Ma in pratica… blocca il flusso. Chiude. Irrigidisce. Fa da barriera. E sto imparando, un passo alla volta, a lasciare andare. A fidarmi. A credere che l’universo ha un piano anche per me, anche nei momenti in cui non vedo niente di chiaro davanti.
E sinceramente, penso che anche solo vivendo secondo questi tre principi, tutta la tua vita potrebbe cambiare:
– Ahimsa (non violenza)
– Santosha (appagamento)
– Ishvara Pranidhana (resa, affidarsi)
Sono semplici, ma potenti. E forse mentre leggi questa newsletter stai pensando: Sì, tutto molto bello… ma io mi sento scollegata. Mi sento bloccata. È da settimane che non medito. È una vita che non metto piede in una lezione di yoga. Mi sento fuori fase, disconnessa, confusa.
E se è così… benvenuta a casa.
Perché la cosa meravigliosa dello yoga è che ci sarà sempre per te. Sempre. Anche se lo lasci. Anche se ti dimentichi. Anche se te ne allontani.
Ricordo i primi anni della mia pratica: mi buttavo dentro con entusiasmo, sentivo subito dei benefici, stavo meglio, la vita sembrava più leggera… Poi qualcosa succedeva, mollavo, la vita si faceva incasinata, il caos prendeva il sopravvento, e allora tornavo di corsa allo yoga, per cercare sollievo.
Ma è stato quando ho iniziato a portare la pratica fuori dal tappetino, nel quotidiano, che ho trovato davvero un po’ di equilibrio. Un po’ di pace vera.
Lo yoga è una pratica meravigliosa. È qualcosa di incredibile che ha completamente cambiato la mia vita, la direzione in cui stavo andando, il modo in cui mi relaziono a me stessa e a tutto ciò che vivo. E ancora oggi, anche nei periodi in cui non pratico con costanza, resta la base su cui si fonda tutto il mio modo di vivere. È ciò a cui torno, ciò che mi guida. O almeno… ciò a cui aspiro ogni giorno.
E prima di lasciarti, voglio proporti una piccola sfida per questa settimana:
Scegli un principio ispirato allo yoga e prova ad incarnarlo ogni giorno, in piccoli gesti. Magari scegli la presenza. Oppure la compassione. O magari il respiro consapevole. Scegli quello che ti risuona di più… e inizia a cercare momenti in cui metterlo in pratica nella tua quotidianità.
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Anche io con la Vulvodinia e anche io mi sono avvicinata allo yoga. Grazie del contenuto ❤️